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Al Toro non serve la palla

Dall’arrivo di Nicola solo una volta i granata hanno raccolto punti prevalendo nel possesso

Quello sul dominio del gioco, con “giochisti” da una parte e “risultatisti” dall’altra (ammesso e non concesso che questi due neologismi abbiano davvero un senso) è uno dei dibattiti più attuali nel mondo del calcio italiano e non solo. Lo scontro tra le due fazioni, esploso in Italia dopo alcuni accesi diverbi tra Daniele Adani e Massimiliano Allegri quando quest’ultimo allenava la Juventus, è stato alimentato di recente dalle prestazioni dell’Inter, una squadra indiscutibilmente pratica e vincente, ma secondo i cultori del calcio offensivo non abbastanza “moderna”. E il Toro? Per il Torino di Davide Nicola il possesso palla, spesso utilizzato un po’ semplicisticamente come indicatore principale per valutare la qualità del gioco di una squadra, non è un mezzo indispensabile per arrivare al risultato, e a dirlo sono i dati.


Attualmente, stando a quelli forniti dalla Lega Serie A, il Toro è quindicesimo per possesso del pallone: i granata tengono palla in media per 24 minuti e 16 secondi a partita. Per quanto riguarda il possesso nella propria metà campo il Toro è invece quattordicesimo (13 minuti e 57 secondi di media), mentre sale al tredicesimo posto per il possesso nella metà campo avversaria (10 minuti e 19 secondi di media).


Al di là della fredda statistica, è però interessante osservare la correlazione della stessa con i risultati delle partite. Dall’arrivo di Nicola in poi solo una volta il Toro ha raccolto punti in una gara in cui ha prevalso nel possesso palla: lo ha fatto a Benevento (40-60, dati Lega Serie A), contro la squadra con il più basso dato di possesso del campionato. In tutte le altre gare che hanno mosso la classifica (ad eccezione della vittoria di Cagliari, in cui il dato ha detto 50 e 50) il Toro di Nicola ha lasciato in mano all’avversario il pallino del gioco. Nelle ultime due uscite i casi più eclatanti: nel derby il Toro ha fermato la Juve sul pareggio con appena il 34% di possesso palla, mentre alla “Dacia Arena” di Udine con lo stesso dato è arrivata la vittoria. In sintesi: il Torino di Nicola ha fatto punti in otto gare, e solo in una di queste la percentuale di possesso lo ha visto prevalere sull’avversario.


Una tendenza che per la verità ha caratterizzato, seppur meno marcata, anche la prima parte di stagione, quando Giampaolo, senza successo, aveva provato a modificare l’identità del Toro e a trasformarlo in una squadra più propositiva: in cinque delle nove “non sconfitte” totali del tecnico ex Samp i granata avevano infatti avuto un possesso palla inferiore all’avversario (contro Sassuolo, Crotone, Napoli, Parma e Verona), e una delle altre quattro è la gara in casa contro lo Spezia, fatale per Giampaolo, fortemente influenzata dall’espulsione di Vignali in apertura. Per contro, in questo campionato per quattro volte il Toro ha perso partite in cui ha avuto un possesso palla superiore all’avversario: è accaduto nel girone di andata contro Cagliari e Udinese, in quello di ritorno contro Crotone e Sampdoria.


In totale, ad ogni modo, il Toro ha fatto punti finora in diciassette partite: in undici di queste, sostanzialmente due terzi, ha lasciato all’avversario il comando della gara. Dati che descrivono in maniera eloquente ciò che ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: quella del Toro non è una rosa che per caratteristiche può permettersi di comandare il gioco e di praticare un calcio di possesso, con buona pace di chi vorrebbe vedere partite dominate e giocate all’arrembaggio. Per dare un’identità più offensiva (chiamatela “moderna”, se volete) a questa squadra servirebbe una profonda rivoluzione della rosa in diversi suoi elementi: di certo non può bastare, e la parentesi Giampaolo lo ha dimostrato, un allenatore più avvezzo ad un calcio di possesso, quando l’ossatura della squadra è ancora quella costruita per Mazzarri, per il suo sistema e per le sue idee. Perché malgrado il tecnico toscano abbia salutato ormai più di un anno fa, il calcio più redditizio per il gruppo a disposizione di Nicola è ancora quello fatto di attesa paziente, di ripartenze, di capacità di sfruttare i calci piazzati. Insomma, quello che Mazzarri aveva saputo rendere efficace oltre ogni aspettativa nella stagione 2018-2019 (conclusa, non lo si ricorda mai abbastanza, con 63 punti: se il Toro vincesse tutte le partite da qui alla fine di questo campionato chiuderebbe a 54). Non il massimo dello spettacolo, un calcio che legittimamente può non piacere, ma che è senza dubbio il più adatto alle caratteristiche dei giocatori del Toro di oggi. Anzi, di più: l’unico calcio realmente praticabile dal Toro di oggi.

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