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Il manuale per la stagione granata

Servono consapevolezza e fiducia dell'ambiente per porre delle basi solide. Quest'anno vincere non sarà l'unica cosa che conta per il Toro di Juric.

Dalla sconfitta del Toro al “Franchi” contro la Fiorentina non sono passate che tre settimane, eppure da allora sembra cambiato il mondo. Quella partita, il 28 agosto scorso, aveva cancellato in un colpo solo le buone indicazioni fornite dalla squadra - malgrado la sconfitta - nel debutto casalingo contro l’Atalanta, con il contorno delle dichiarazioni di Juric, indispettito per il mercato al rallentatore, che avevano contribuito ad alimentare la burrasca. Sono passate tre settimane, sembra un’era geologica. Oggi il Toro viene da due vittorie consecutive, quella contro la Salernitana e - soprattutto - quella ottenuta sul campo del Sassuolo, con una prestazione andata oltre le aspettative del più ottimista dei tifosi. Centottanta minuti che - insieme ai rinforzi last minute arrivati a fine agosto - hanno completamente ribaltato umori e prospettive del mondo granata. La serata del Mapei Stadium ha fatto scattare un vero e proprio colpo di fulmine tra Juric e il mondo Toro: sono bastate due vittorie, sei punti, e i tifosi già parlano di una squadra mai così bella e convincente nell’era Cairo, rapiti dallo stile di gioco aggressivo che il tecnico croato è già riuscito ad imprimere, malgrado di fatto - tra infortuni e sosta per le nazionali - non abbia ancora avuto occasione di lavorare con il gruppo “definitivo” al completo.


Ora, archiviata la “sbornia”, l’importante è mantenere l’equilibrio: lo deve fare la squadra, e in questo ci sono ragioni per fidarsi del carattere di Juric, lo deve fare anche l’ambiente. Un ambiente umorale e volubile, - lo dimostra il passaggio dalla profonda depressione alla totale esaltazione nel giro di venti giorni - al quale basta poco per lasciarsi rapire dalla cronica autocommiserazione, ma a cui basta ancor meno per volare sulle ali dell’entusiasmo. Servono razionalità e consapevolezza: le ultime due gare (oltre a quella contro l’Atalanta) hanno dimostrato che Juric merita totale fiducia, che la squadra lo segue e che le basi per un percorso che porta ad una precisa identità di squadra sono state gettate, ma la strada che conduce all’uscita del tunnel in cui il Toro brancola da ormai due anni, seppure imboccata, non è ancora giunta al termine (o meglio, oggi è presto per affermare con certezza che sia conclusa).


È bene accettarlo fin da subito: verranno ancora risultati negativi e giornate no, com’è normale ed inevitabile quando si è allo stadio embrionale di un percorso totalmente nuovo. Il Toro (leggi: Juric) sta provando a dare un taglio netto al passato, e in fasi come queste gli inciampi e i tentativi a vuoto sono fisiologici. Servirà, in questo senso, fare lo sforzo di andare oltre alla mera logica del risultato, che quasi sempre indirizza - non totalmente a torto - umori e sensazioni di una piazza calcistica. Servirà andare oltre: in questa fase, per il Toro, vincere sarà sì importante, ma non sarà e non dovrà essere l’unica cosa che conta (e non solo per opporsi al celebre motto degli ingombranti cugini). Ora più che mai saranno le prestazioni a contare davvero: saranno quelle a rafforzare (o indebolire) la consapevolezza di aver intrapreso il percorso che porta a quell’identità parsa evidente nella partita di Reggio Emilia. I risultati delle singole partite possono spesso essere influenzati da episodi fortuiti, dalla sorte, dalla casualità: le prestazioni, invece, non sono mai casuali, e saranno quelle a rappresentare la bussola, la cartina tornasole sullo stato delle cose in casa Toro. Insomma, nelle prossime settimane il Toro sarà chiamato a confermare la sua nuova fisionomia attraverso le prestazioni, ancor prima che tramite i risultati.


Così com’è presto per esaltarsi oggi, dopo le ultime due ottime prove, sarà vietato deprimersi se dovesse capitare di lasciare qualche punto per strada nelle prossime settimane. Succederà, come detto è inevitabile. Non si tratta di mettere scaramanticamente le mani avanti: è nella normalità delle cose, a maggior ragione considerando che nelle prossime sei partite sul cammino dei granata ci saranno ostacoli impegnativi come Lazio, Juve, Napoli e Milan. Servirà la lucidità di valutare le prestazioni offerte dalla squadra, a prescindere dall’esito finale delle partite, cercando quei tratti che Juric è già riuscito a rendere evidenti sul campo: dalla ricerca ossessiva del recupero palla “alto” ai duelli uomo contro uomo a tutto campo, passando per le verticalizzazioni immediate e gli assalti all’area con almeno sei uomini (Non sembra vero, eh?). È perfezionando e consolidando queste caratteristiche che il Toro potrà arrivare ad assumere definitivamente quella nuova dimensione vista ed apprezzata soprattutto contro il Sassuolo. È così - e non con eventuali risultati estemporanei e frutto del caso - che, in questa stagione che possiamo definire “di transizione”, potrà porre basi solide per poi provare a darsi obiettivi più ambiziosi a partire dalla prossima stagione.


Per questo nelle prossime settimane vincere sarà importante - lo è sempre - ma non dovrà essere l’unica cosa che conta, non dovrà essere il fattore principale a determinare gli umori. Per Juric, per il Toro, per tutte le persone che vogliono bene al Toro.

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