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Il Toro imparerà dagli errori?

Le ultime due devastanti stagioni servano da lezione per il futuro, nel segno di una rifondazione coerente

Premessa: non c’è niente da festeggiare. Se hai l’ottavo monte ingaggi del campionato ed eviti la retrocessione a una giornata dal termine in un torneo in cui la quota salvezza sarà fissata al massimo a 36 punti, “festeggiare” è un verbo che va depennato dal tuo vocabolario. L’agonico pareggio contro la Lazio ha permesso al Toro di spazzare via lo psicodramma che si era fatto spazio nelle teste di molti, ma non deve e non può essere un punto di arrivo. Il difficile, al contrario, inizia adesso. Non sarà facile smaltire le scorie di due stagioni di atroci sofferenze, non sarà facile ridare entusiasmo all’ambiente dopo due anni costellati di sconfitte, di umiliazioni, di primati negativi in serie. Non sarà facile costruire un progetto solido e credibile - ammesso che ci sia la volontà di farlo - ripartendo dalle macerie rimaste dopo due anni devastanti.


Il Toro, inteso come società, ha però un vantaggio: sa perfettamente quali sono gli errori da evitare. Li conosce, e li conosceva già la scorsa estate, quando però scelse di non fare i conti con la realtà, di rinviare i necessari interventi, con la parziale attenuante di una sessione di mercato anomala per tempi e dinamiche (ma la prossima, dato il momento storico a livello economico, potrebbe essere altrettanto anormale). Adesso non ci sono più scuse: è chiaro a tutti quali sono i problemi di questo Toro, sono chiare a tutti le possibili soluzioni, perseverare ancora una volta nei soliti errori sarebbe non solo diabolico, ma delittuoso e intollerabile.


Primo punto, forse il più importante: la parola d’ordine deve essere cambiare. Cambiare tanto, cambiare il più possibile. Ogni punto di contatto con queste ultime due stagioni che può essere cancellato, deve essere cancellato senza pensarci due volte. Questo gruppo di calciatori ha ampiamente esaurito quel che poteva dare al Toro, i risultati parlano chiaro e sono sotto gli occhi di tutti. Per alcuni di loro il tempo a Torino è scaduto addirittura due anni orsono, alcuni di loro sono rimasti in granata con il fisico, non con la testa, con un vertiginoso quanto inevitabile calo dei livelli di prestazione come diretta conseguenza. Un’aria pesante, quella che si respira ormai da due stagioni dalle parti del “Fila”, cui Nicola - con energia ed entusiasmo - è riuscito solo parzialmente a porre rimedio e che ha inghiottito anche i nuovi, appiattiti anche loro agli standard di chi è al Toro da anni (con le eccezioni di Mandragora e Sanabria, innesti di gennaio che hanno innegabilmente alzato il livello tecnico della squadra). Anche chi in estate era arrivato con buone premesse, Linetty su tutti, è infatti stato travolto dalla negatività. Insomma, la rosa del Toro è un prodotto scaduto, e un prodotto scaduto va sostituito, non si può pensare di ripararlo con piccoli aggiustamenti qua e là.


Il gruppo andrà però rifondato seguendo criteri diversi da quelli che troppo spesso hanno guidato le scelte nelle ultime sessioni di mercato. Moreno Longo la scorsa estate, appena conquistata la salvezza sul campo della Spal, disse parole significative: “Chi indosserà questa maglia l’anno prossimo la dovrà volere”. Poche parole che si ricollegano al primo punto e che sintetizzano in maniera efficace tutti i problemi del Toro. Il gruppo granata dovrà ripartire dall’entusiasmo e dalla fame di chi vede nel Toro una grande opportunità, smettendo di barcamenarsi tra appagati (e strapagati) scarti delle big: in questo senso bisogna tenere bene a mente le lezioni imparate (si spera) con gli “affari” Niang, Verdi, Ricardo Rodriguez, per citare alcuni tra i casi più eclatanti. Chi arriverà dovrà farlo con motivazione ed entusiasmo alle stelle, solo così si potranno allontanare la negatività, l’abitudine alla sconfitta e quell’incontrollabile emotività citata di recente da Nicola.


Un’altra parola chiave sarà “coerenza”. Serviranno calciatori funzionali al sistema di gioco che l’allenatore, Nicola o chi per lui, sceglierà per il nuovo Toro. Sembra una banalità, sembra qualcosa che è superfluo specificare mentre si parla di una società che fa calcio a livello professionistico, eppure non è così. Anche in questo caso l’emblema risponde al nome di Simone Verdi, un esterno da 4-3-3 messo a disposizione di un tecnico, allora era Walter Mazzarri, da sempre talebano del 3-5-2. Solo a un anno e mezzo dal suo arrivo, e solo grazie all’intuizione di Davide Nicola nell’ultimo spezzone di questo campionato, l’ex Bologna - acquisto più costoso della storia del Toro - è riuscito a dare un contributo tangibile alla squadra (pur senza strabiliare, s’intende). Servirà quindi coerenza nelle scelte: non è importante che arrivino nomi altisonanti, ma è fondamentale che arrivino calciatori adatti al calcio che si vorrà proporre. L’esempio virtuoso in questo senso è quello dello Spezia, che con il monte ingaggi più basso della Serie A - mentre a Giampaolo il Toro consegnava Rincon e Lukic nei ruoli di regista e trequartista - ha saputo mettere a disposizione di mister Italiano una rosa funzionale e ricca di alternative. Risultato: salvezza strameritata (proponendo peraltro per lunghi tratti di stagione un calcio decisamente piacevole). Il Toro chiaramente può e deve ambire a posizioni migliori, ma l’esempio dello Spezia è emblematico di quanto conti la coerenza nella costruzione di una rosa. Non è sufficiente spendere, serve spendere bene. Negli ultimi anni il Toro, al di là dei luoghi comuni sul “braccino” di Urbano Cairo, ha innegabilmente speso, ma altrettanto innegabilmente molto spesso ha speso malissimo, gettando milioni e milioni per l’acquisto di calciatori poco funzionali, che poi non hanno ricompensato sul campo l’investimento affrontato.


Andrà fatto, insomma, tutto quello che non è stato fatto nelle ultime due estati. Per due stagioni di fila il Toro ha sbagliato quasi ogni scelta in sede di mercato, per due stagioni di fila ha scherzato con il fuoco. Quando si scherza con il fuoco, però, prima o dopo ci si brucia: dopo averlo per due volte miracolosamente evitato, ora il Toro deve mettere un punto. Imparando, finalmente, dai propri ripetuti errori.

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