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Il Toro è morto, o quasi. "Il Granata Mezzo Vuoto" XVIII

Toro Goal presenta "Granata Mezzo Pieno/Mezzo Vuoto". Alessandro Iurino e Tommaso Freni vi accompagneranno nella stagione granata con una doppia analisi settimanale, da due prospettive sostanzialmente opposte: il Mezzo Pieno illustrerà gli aspetti positivi del weekend granata, al contrario il Mezzo Vuoto porrà l'accento su quelli che destano perplessità e preoccupazione. L'intento della rubrica è dare a ogni tifoso granata gli strumenti ideali per formare una propria opinione sulla situazione del Toro, sottolineando i punti cruciali da una parte e dall'altra. Ecco a voi il Mezzo Vuoto.

Oggi sarò molto schietto. Conosciamo tutti il tabellino della partita di ieri, e mi sembra inutile continuare a sottolineare i soliti aspetti tecnico-tattici che non funzionano da settimane e settimane. Dopo aver toccato il fondo nella gara contro l'Udinese, si erano visti dei piccoli miglioramenti, fino alla vittoria esterna a Parma: pura illusione.

Ieri, invece, non si è toccato il fondo. Ieri il Toro ha dimostrato definitivamente di essere sul punto di morire e sparire. Non mi riferisco solo ai risultati, alla classifica, alle prestazioni dei giocatori, ma proprio all'intero movimento, tutto l'insieme degli elementi che compongono ciò che è il Toro.


Uno stadio vuoto; dei giocatori inutili, svogliati, senza fame né carattere; un allenatore in totale confusione e abbandonato a se stesso; un calciomercato inesistente; un Filadelfia incompleto e malcurato; un Robaldo abbandonato; una "sede" in affitto; dei tifosi frustrati, arrabbiati e ormai stufi; una società incompetente e codarda, se non addirittura menefreghista. Sicuramente sto dimenticando qualcosa, ma in sintesi, questo è ciò che è il Toro, oggi, 17 gennaio 2021, al suo 115esimo anno di storia.


Il Toro è una realtà che negli ultimi trent'anni si era dovuta, per forza di cose, abituare a un frequente saliscendi tra Serie A e Serie B: un periodo di declino, dovuto a instabilità societarie che sfociarono, dopo qualche anno, nel clamoroso fallimento. Ma mai, nemmeno quando il Toro aveva rischiato di sparire e ripartire dalla Serie D, si era arrivati a una situazione di totale depressione. Nel 2005, qualsiasi tifoso sarebbe sceso in campo in prima persona pur di salvare il proprio Toro, nonostante una situazione drammatica e quasi irrecuperabile. Ed è andata proprio così: nonostante gli zero acquirenti interessati, il Toro rimase vivo grazie ai suoi tifosi, finché un imprenditore alessandrino si fece avanti, prendendo in mano la società con la promessa di riportarla ai livelli di un tempo.


Ecco, quanti di quei tifosi scesi in campo nel 2005 si farebbero nuovamente avanti oggi in caso di necessità? Quanti, invece, si sono distaccati completamente dal mondo granata, perché stufi o svuotati di ogni passione? Questo è uno dei motivi principali per cui l'intero movimento Toro sta morendo: ci sono sempre più persone che, nonostante un amore spassionato e (quasi) infinito, non si riconoscono più nei valori e nei fatti di quello che dovrebbe essere il Toro, ma che in realtà, del vero Toro, ha solo il nome. Queste persone non smettono di essere tifosi, anzi: hanno amato talmente tanto ciò che ha rappresentato il Toro, che ora non riescono più a soffrire o a lottare. Preferiscono seguire con distacco o poca frequenza, se non addirittura abbandonare del tutto quel mondo che tanto hanno amato. E hanno tutte le ragioni per farlo.


Allo stesso tempo, c'è chi ancora vive il Toro da vicino, come primo (o quasi) protagonista della propria vita. Chi, come me, per passione calcistica, ambizione lavorativa o semplicemente amore sconfinato, si fa il sangue amaro ogni giorno seguendo le vicende del Torino FC. E spesso, quelli come me si ritrovano a doversi sorbire le critiche e gli scherni di chi, come descritto in precedenza, si è stufato e ha abbandonato il mondo granata. Vengono definiti ingenui, illusi, se non addirittura servi.


Da diversi anni c'è una frattura nettissima nella tifoseria granata, che ha man mano portato alla formazione di due fazioni diametralmente opposte, che si scontrano regolarmente l'una con l'altra. Tutto questo meccanismo ha inciso ulteriormente sul processo di autodistruzione del Toro.


Dunque, ci sono tante questioni e tanti protagonisti in ballo nella discendente parabola granata, ma l'unico vero artefice della vicenda, responsabile delle scelte societarie da 15 anni, è Urbano Cairo. È sottinteso che, in un arco temporale così lungo, tante altre figure siano state coinvolte in orbita granata e abbiano la propria porzione di colpe, ma è altrettanto ovvio che le reali responsabilità delle scelte appartengano, senza alcun dubbio, al presidente.


È il peggior presidente della storia granata? Non sta a me dirlo, e probabilmente nessuno saprebbe rispondere oggettivamente. Ma per quel che ho vissuto e sto vivendo, posso affermare con fermezza che l'era Cairo abbia trascinato l'intero mondo Toro verso uno stato di totale vuoto e depressione, che probabilmente mai si era verificato. Questo non significa che un cambio societario cambierebbe immediatamente e completamente la situazione in positivo, anzi. Se io sono ancora qui, oggi, a scrivere, soffrendo e sacrificando tempo della mia vita, vuol dire che il Toro non è ancora morto. La strada è tracciata e man mano con l'attuale società si arriverà al culmine, ma c'è sempre la possibilità che qualcun altro possa fare ancora peggio, dando illusioni e sbandierando false promesse ancora prima di formulare un'offerta concreta (chi vuole intendere, intenda: non faccio pubblicità gratuita).

Difficilmente la situazione granata cambierà, probabilmente ci toccherà aspettare e soffrire ancora per diverso tempo, come spesso è successo nel corso della nostra storia.


Nel frattempo, io continuerò a essere un ingenuo e un illuso, ad arrabbiarmi per le sconfitte, per le scelte tecniche, per i passaggi sbagliati, per l'immobilismo sul mercato, perché al Toro, in qualsiasi sua versione, almeno per ora (e spero per sempre), non riesco a rinunciare.


Al prossimo capitolo. Sempre Forza Toro.


Tommaso Freni


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