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La forma è sostanza. L'annuncio della firma di Ivan Juric

Nel 2021 la comunicazione non è mai un aspetto secondario, e l'ambizione di una società si vede anche nelle piccole cose

La forma è sostanza. Il modo in cui diciamo (o scriviamo) le cose ha un peso fondamentale nel messaggio che arriva al nostro interlocutore, qualunque sia il contesto in cui ci troviamo. Un concetto che soprattutto nell’ultimo decennio, con l’esplosione dei social network, è stato recepito alla perfezione da tantissime società di calcio. Quelle professionistiche in primis, ma non solo: negli anni anche diverse realtà dilettantistiche, pur con mezzi e risorse chiaramente limitati, hanno saputo ingegnarsi e sfornare vere e proprie “chicche”, diventate poi in alcuni casi virali grazie, per l’appunto, al potere dei social media. E poi c’è il Torino FC, che invece sembra vivere in un mondo a parte e che continua ad ignorare totalmente questo aspetto, impermeabile al cavalcare del tempo. Paradossale per un club guidato da un uomo, Urbano Cairo, che proprio nel settore della comunicazione ha trovato la sua fortuna, arrivando al vertice di RCS, il più importante gruppo editoriale italiano.


La comunicazione del Torino FC, infatti, è gestita attraverso modalità e dinamiche completamente fuori dai tempi. In un’epoca in cui molte società si sono attrezzate con veri e propri reparti social capaci di produrre contenuti multimediali originali, coinvolgenti e di grande qualità, la gestione dei canali granata (sito internet e social) è un encefalogramma piatto fatto di banalità, trascuratezza e superficialità. Rappresentazione plastica, peraltro, di quella che è stata la gestione sportiva degli ultimi anni.


Tristemente memorabile, in questo senso, il tweet con cui lo scorso 8 novembre, poco prima di Torino-Crotone, il profilo in inglese del club granata commentava il riscaldamento di “Simon Greens”. In tanti pensarono a un fake, e invece no, era proprio la maldestra traduzione letterale di Simone Verdi da parte di un canale ufficiale della società (ancor più triste il fatto che quel tweet sia ancora lì, a sei mesi di distanza). Ma gli esempi da fare potrebbero essere tanti altri, e chi segue i canali social del Toro lo sa.


Con l’annuncio ufficiale della firma di Ivan Juric, l’ennesima dimostrazione di sciatteria. Un annuncio (pubblicato su un sito che non viene rinnovato da anni) fatto di un paio di frasi di circostanza preimpostate, del “curriculum” del mister copincollato da Wikipedia e da una fotografia scattata con uno smartphone in un anonimo stanzino senza alcun rimando al Toro e ai suoi simboli. Un annuncio, vale la pena di ribadirlo, completamente fuori dall’epoca social in cui viviamo. Il tutto mentre - ironicamente proprio nelle stesse ore - la Juventus preparava il terreno per ufficializzare il ritorno di Massimiliano Allegri con una divertente serie di “indizi” pubblicati sul suo profilo Twitter per alimentare l’attesa, e ancora mentre il Real Madrid trovava un modo altrettanto originale per annunciare con una clip l’ingaggio di David Alaba.


E se in campo è chiaramente impossibile competere con colossi come Juventus e Real, dal punto di vista della comunicazione basterebbe invece uno sforzo minimo - è un fatto, non un’opinione - per fare meglio ed essere all’altezza dei tempi, allestendo un reparto social che possa traghettare il Toro in questa nuova “dimensione” del calcio. Qui, però, si arriva al punto: se il club non lo ha fatto finora, malgrado un presidente che di certo non è un novellino nel campo della comunicazione, è semplicemente perché manca la volontà. La volontà di innovare, di mettersi in gioco, di andare al di là del classico “compitino”, di dare freschezza a contenuti scialbi, preconfezionati, privi di ogni minima personalizzazione. Si può obiettare che la comunicazione, social e non, sia un aspetto tutto sommato secondario per una società calcistica: si può rispondere che l’ambizione di una società si vede anche dalle piccole cose, da quelle che rappresentano il suo biglietto da visita e dal suo modo di interfacciarsi con il mondo (e che nel 2021 la comunicazione NON è mai un aspetto secondario, qualunque sia il settore in cui si opera).


Peraltro, in un calcio che considera sempre di più i tifosi come “clienti”, è difficile promuovere il marchio e fare presa su possibili nuovi mercati dando di sé un’immagine così povera e grigia. E se manca la volontà di raggiungere un obiettivo relativamente “semplice” come questo, allora è difficile pensare e sperare che la stessa società possa avere un’ambizione diversa sotto il profilo della gestione sportiva, là dove i traguardi da raggiungere sono decisamente più complessi e i percorsi più ricchi di ostacoli e variabili.


La realtà - e non l’abbiamo scoperta con lo sbiadito annuncio di Juric - è che a Cairo non interessa competere, ma solo vivacchiare, restando a galla con il minimo sforzo, senza alcuna reale ambizione. Insomma, la gestione della comunicazione è perfettamente in linea con quella della parte sportiva che abbiamo vissuto negli ultimi sedici anni.



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