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Noi non sappiamo cos'è il Derby

Una riflessione sugli ultimi 25 anni di Derby della Mole, con una conclusione tanto spietata quanto vera

Noi non sappiamo cos’è il Derby. Ce l’hanno raccontato in tanti, e qualche volta abbiamo anche creduto di conoscerlo, ma la realtà è che non sappiamo davvero che cosa sia. Parlo di noi, tifosi del Toro nati dalla fine degli anni ’80 in poi. Troppo tardi non solo per vivere le battaglie e le gioie degli anni ’60 e ’70, ma fuori tempo massimo anche per godersi gli ultimi ruggiti di tremendismo all’inizio degli anni ’90. Sappiamo che due volte all’anno - anche se sulla prossima stagione c’è ancora qualche dubbio - il Toro gioca contro la Juve, ma non possiamo dire di sapere davvero che cosa siano il derby e la sua atmosfera. Non conosciamo quell’entusiasmo e quell’impazienza che si sentono nella settimana che porta alla sfida per la supremazia cittadina. Al contrario, per i tifosi granata della mia generazione la sensazione più forte, quando arriva il momento del derby, è il desiderio che quel giorno e quella settimana passino il più velocemente possibile, e senza fare troppi danni. I più estremisti di noi addirittura cancellerebbero quella partita dal calendario, se potessero: tanto il finale è già noto a tutti, e allora meglio passare oltre.


Lo so, lo so: affrontare il discorso con questi toni sa tanto di maniavantismo, di quella scaramanzia di chi a pochi giorni dal derby finge di non crederci e invece sotto la maschera ci crede tremendamente. Credetemi: non è questo il punto, sono i fatti a parlare chiaramente e a spiegare perché per noi la settimana della sfida ai cugini bianconeri è solo una scocciatura di cui faremmo volentieri a meno.


Dal 2005 in poi, cioè da quando il presidente è Urbano Cairo, il Toro ha giocato 23 derby perdendone 19, pareggiandone 3 e vincendone uno solo, peraltro contro una Juve farcita di riserve e con la testa proiettata verso una doppia semifinale di Champions contro il Real Madrid. In queste 23 partite, tra le quali anche due sfide di Coppa Italia, il Toro ha fatto 10 gol, meno di uno ogni due gare, incassandone 43. E se si prende in considerazione anche il decennio pre-Cairo, il primo in cui i tifosi della mia generazione hanno avuto coscienza di cosa fossero il Toro ed il tifo per il Toro, le cose vanno anche peggio. Nella primavera del 1995 era arrivato l’ultimo derby vinto in trasferta (concetto relativo visto che allora il campo era il “Delle Alpi” per entrambe le squadre): dalla stagione successiva fino ad oggi si sono giocate 31 stracittadine in cui il Toro ha raccolto una vittoria, 6 pareggi e 24 sconfitte, con 18 gol fatti e 64 subìti. Una carneficina, insomma, un massacro che dura da 25 anni.


Ogni tanto qualche tifoso granata più attempato e più fortunato di noi guarda quasi con fastidio alla rassegnazione con cui quelli della mia generazione vivono il derby. Li capisco: loro hanno visto i derby veri, quelli che a tutti gli effetti facevano storia a sé, quei 90 minuti più recupero in cui le posizioni di classifica contavano relativamente (oggi qualcuno racconta ancora questa storiella, ma è evidente che la storia è cambiata da un pezzo). Per loro è comprensibilmente inconcepibile sentirsi battuti contro la Juve ancor prima che la partita inizi. Loro però devono capire noi: come possiamo entusiasmarci per questa partita, come possiamo ancora illuderci che l’epilogo possa essere diverso? Qualche volta lo abbiamo fatto, - è successo il 14 ottobre del 2001, vi dice qualcosa questa data? - ma poi sono arrivati i Pirlo, i Cuadrado, gli Higuain, i Bonucci a riportarci alla realtà. E malgrado la consapevolezza di quello che sarà l’esito dei derby sia ormai quasi una certezza, non esiste nemmeno quell’effetto lenitivo che ci si potrebbe aspettare quando si è consapevoli a priori di quello a cui si va incontro: lo schiaffo brucia e fa male sempre come la prima volta, forse di più. Una beffa ripetuta e sistematica che riapre ciclicamente una ferita mai completamente cicatrizzata e sembra volerci dire che questa partita, per il Toro, nasconde un tabù che va ben oltre la semplice superiorità tecnica degli ingombranti rivali cittadini.


Perché sì, qualcuno potrebbe obiettare che è normale, che la Juventus è una grande squadra ed è prevedibile perdere spesso e volentieri quando la si incontra. Verissimo, ma negli ultimi quindici anni praticamente chiunque ha raccolto più punti del Toro negli scontri diretti contro la Juve. Voglio dire, proprio chiunque, non solamente le big: hanno fatto meglio Udinese, Atalanta, Sampdoria, Bologna, Genoa, Cagliari, ma anche squadre che in quest’arco di tempo hanno fatto più di un giro in Serie B, in Serie C o addirittura in Serie D, come Palermo, Catania, Chievo, Parma, Bari e Verona. E allora di che parliamo? Come possiamo entusiasmarci per questa partita? Come possiamo attenderla con trepidazione?


Sia chiaro: questa disillusione non ci impedirà di essere lì, sabato sera, a soffrire e sperare davanti alla tv. Ma l’adrenalina e l’impazienza che tutti i tifosi del mondo provano nella settimana che porta al derby, quelle che decine di articoli su giornali e siti provano ad alimentare, non riusciamo proprio a sentirle. Per noi, per ora, questa resta solo una partita che vorremmo cancellare dal calendario. In attesa, da ormai venticinque anni, di essere smentiti.

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