Per svelare le lacune del Toro basta l'ultima in classifica.
Il tunnel di Messias che fa perdere le staffe a Rincon. Lo slalom speciale di Ounas che ridicolizza mezza difesa del Toro e chiude definitivamente la partita. Istantanee di un pomeriggio da incubo, quello vissuto dai granata allo “Scida” di Crotone. Immagini e frammenti di partita il cui significato va al di là del peso specifico avuto dagli episodi in questione sull’andamento della gara e fa spazio ad un’analisi più ampia. Pensiamoci: da quali giocatori del Toro potremmo aspettarci giocate di questo genere? Quali dei calciatori a disposizione di Nicola hanno nelle loro corde guizzi e fiammate come quelli con cui Messias e Ounas hanno messo a ferro e fuoco la difesa del Toro? Spoiler: nessuno, a parte forse Belotti nelle sue giornate di grazia (ma in quel caso lo strapotere è più fisico che tecnico). E si torna a quanto detto qualche riga più in alto: le giocate di Ounas e Messias (mica Messi e Neymar) non hanno solo deciso la partita, ma hanno messo a nudo ancora una volta uno dei problemi più grandi della squadra granata, quello della deprimente mancanza di qualità tecnica. Il Toro non ha la peggior rosa della Serie A, ma di certo ha la più povera dal punto di vista tecnico, la partita di Crotone lo ha dimostrato. Se anche l’ultima in classifica, una squadra che arrivava da sette sconfitte consecutive con la miseria di tre gol segnati, mostra di avere elementi superiori sotto questo profilo, allora significa che il problema è grave.
Scopriamo l’acqua calda? Forse sì. Molto prima di domenica, infatti, il Toro aveva dimostrato di essere carente (anche) sotto questo aspetto: lo si era visto chiaramente in tutte le occasioni in cui la squadra si era ritrovata a dover fare la partita andando puntualmente in crisi, incapace di trovare giocate e intuizioni in grado di scardinare difese schierate. Quando la situazione richiede variazioni sul tema, quando serve una giocata del singolo che vada al di là del compitino per far saltare il banco, i granata vanno sistematicamente in crisi. Era così con Giampaolo, è così con Nicola: perché la tecnica, se non ce l’hai, non puoi inventartela, ed è uno degli aspetti sui quali un allenatore difficilmente può incidere (anche quando ci si riesce, in ogni caso, i passi avanti richiedono tempo ed applicazione). La tecnica, se non ce l’hai, devi andare a cercarla sul mercato, e da questo punto di vista il Toro, dal 2017 in poi, si è progressivamente impoverito, ora per scelta, puntando su profili più fisici e muscolari (quelli adatti al calcio di Mazzarri), ora per le promesse non mantenute da parte di chi è stato preso con il chiaro obiettivo di alzare il tasso tecnico della rosa (qualcuno ha detto Verdi?). Nemmeno durante la scorsa sessione estiva, malgrado l’arrivo di Giampaolo, uno che fa del calcio di possesso un vero e proprio dogma, la società ha posto rimedio a questo processo.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il Toro, come detto, non ha di certo la rosa peggiore del campionato: ha buoni/ottimi difensori, onesti faticatori di centrocampo, un grande centravanti. Dal punto di vista tecnico, però, la povertà è desolante, al punto che immaginare che un calciatore granata possa segnare oggi un gol come quello di Ounas è obiettivamente difficilissimo. È in sostanza dall’addio di Ljajic, se si escludono i rari lampi post 2018 di Iago Falque, che il Toro non può contare su un giocatore capace di creare pericoli con una giocata di fantasia, con un dribbling, con un passaggio filtrante, con una di quelle scorribande con cui Ounas e Messias sono stati letali allo “Scida”. Ad oggi i due migliori dribblatori su cui Nicola può contare sono Singo e Ansaldi, di fatto due terzini, il che la dice lunga sulla situazione dalla cintola in su, là dove tradizionalmente dovrebbero stare gli elementi più qualitativi.
Varrebbe poi la pena di sottolineare anche un altro aspetto: il fatto che due calciatori dell’ultima in classifica, ottimi ma di certo non fuoriclasse, riescano a rendere evidenti queste lacune con le loro giocate, è emblematico di quanto poco bastasse per alzare il tasso tecnico della rosa del Toro. Non servivano spese faraoniche, bastava la volontà e qualche idea. Alla dirigenza granata è mancato almeno uno dei due elementi, se non entrambi. Ma questa è un’altra storia.
Che si fa, quindi? Nicola sembrava averlo capito prima che il caos Covid rimettesse il Toro con la testa sott’acqua: in mancanza di tecnica e fantasia si punta sulle altre qualità, quelle che la rosa può mettere a disposizione. Compattezza difensiva e ripartenze, cercando di sfruttare al massimo i calci piazzati. Una strada che Nicola pareva aver imboccato con successo con i due clean sheet consecutivi contro Genoa e Cagliari, prima che la disfatta di Crotone rimettesse tutto in discussione. La direzione, in ogni caso, non può che essere quella, nella speranza di recuperare in fretta Nkoulou e Bremer, tra i migliori prima della sosta forzata. Ma per il futuro, comunque finisca la stagione, la questione non andrà più sottovalutata: in un calcio come quello di oggi, sempre più votato all’attacco, non ci si può permettere di trascurare la qualità tecnica.
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